Decorazioni, arte figurara e statuaria dei Celti
Sul finire del secondo millennio avanti Cristo l’arte del bronzo era ampiamente padroneggiata dai fabbri europei come dimostrato dalla estrema raffinatezza dei decori presenti sui reperti archeologici di quell’epoca.
Nel periodo finale dell’Età del Bronzo e nella prima Età del Ferro, l’Europa Centrale ed Occidentale è dominata dalla cultura del popolo dei Campi d’Urne. Verso il 700 a.C. si sviluppa nel cuore continentale dell’Europa la antica cultura celtica di Hallstatt, caratterizzata da un’arte ornamentale semplice e rettilinea con moduli geometrici elementari.
Verso il 450 a.C. compare in tutta l’Europa un’arte nuova, uno stile omogeneo caratterizzato da una predilezione per le linee curve e le spirali, che prende il nome di “cultura di La Tène”, dal nome della piccola spiaggia lacustre, presso Neuchâtel in Svizzera, ove furono scoperti i primi reperti.
Pur con variazioni regionali, la cultura di La Tène dura sino alla conquista delle Gallie Transalpine da parte di Caio Giulio Cesare che portarono la maggior parte del mondo celtico sotto l’influenza romana, dando quindi l’avvio al successivo sviluppo detto Gallo-Romano. Nelle isole Britanniche il maggiore isolamento dalla civiltà romana permise una più lunga sopravvivenza dell’impronta originale celtica che, in alcuni casi come l’Irlanda e il nord della Scozia, si protrasse sino al Medioevo.
L’Arte Celtica è la testimonianza più profonda ed autentica che gli antichi Celti ci hanno lasciato circa la loro mentalità ed il loro mondo spirituale. In essa è racchiusa l’essenza di una cultura originale che per quasi un millennio fu comune alle popolazioni insediate in quell’area d’Europa compresa tra il Mare del Nord ed il fiume Po, dall’Oceano Atlantico ai Carpazi.
Prima a seguito degli scambi commerciali con Etruschi, Fenici e Greci, poi a causa della Romanizzazione della Gallia e della Britannia, l’arte celtica si alimentò con prestiti orientali (quali la palmetta e il loto) che sviarono a tal punto le analisi degli studiosi, da farla considerare a lungo come una semplice emanazione marginale dell’arte classica. Le componenti essenziali dell’Arte Celtica contengono sin dagli inizi un limitato gruppo di simboli di base (spirali, triskel, croci cerchiate, svastiche, greche, intrecci vegetali e figure zoomorfe) che sono ripetuti e intrecciati tra loro infinite volte e secondo moduli codificati che portano alla costruzione di intricati pannelli e sofisticati decori artistici su ogni tipo di oggetto, sia prezioso sia di uso comune.
Solo in tempi moderni, grazie ad un’evoluzione del gusto artistico che ha permesso di apprezzare anche forme estranee al classicismo greco-romano, si è giunti a rivalutare appieno il simbolismo, il gusto per l’equivoco e per l’indeterminato, la stilizzazione, la predilezione per una libera rappresentazione delle figure che portò gli artisti celtici a giocare con linee e profili, anche a discapito delle forme naturali.
Verso la seconda metà del V° secolo a.C. compaiono armi e oggetti quotidiani decorati con incisioni a compasso detto “Primo Stile”, ma è con l’inizio del IV° secolo a.C. che si può parlare dello sviluppo di una nuova corrente artistica detta “Stile Vegetale Continuo”, o di Waldalgesheim, dove protagonisti divengono il viticcio ed il decoro vegetale, andando a sostituire progressivamente le composizioni di semplici elementi geometrici. Se consideriamo alcuni esempi di bande decorate a fregi tipiche di questo stile, notiamo subito alcune caratteristiche peculiari: l’abile utilizzo della simmetria; il permanere dell’utilizzo di elementi del primo stile accanto a motivi vegetali come palmette, foglie, tralci e viticci; un concatenarsi ossessivo di motivi vegetali ripetuti.
Elemento interessante di quest’arte fu il suo doppio livello di decorazioni e quindi di lettura simbolica di questa arte decorativa peculiare ove elementi vegetali e corpi di animali fantastici si assottigliano gradualmente, trasformandosi in nastri che si interlacciano tra loro con variazioni infinite che danno luogo ad uno stile artistico inconfondibile. Se si osservano i vari reperti archeologici, in particolare le armi, si nota subito una loro possibile suddivisione in base all’evidenza delle decorazioni, esiste evidentemente un livello macroscopico, che dà una lettura d’insieme dell’opera artistica celtica, con decorazioni vistose che declamano a tutti la ricchezza e la conseguente importanza sociale del possessore dell’oggetto in questione. Ma accanto ad esso vi è anche un secondo livello microscopico, caratterizzato da composizioni di minuscoli motivi decorativi secondari, pressoché invisibili ad un’osservazione superficiale.
Queste rappresentazioni a duplice scala, una estetica ed una visibile solo per il proprietario, chiariscono il significato non solo ornamentale, ma anche magico-simbolico degli elementi decorativi presenti su spade, elmi, scudi, pugnali, come pure su stele ed oggetti votivi.
Gioiello tipico ed emblema di status sociale, il torque (detto anche torc o torquis – vd. figura 7 di torque del 3/400 a.C., ritrovato in una sepoltura di guerriero del bacino della Marna, in Francia) era un collare ad anello in oro, in bronzo o più raramente in argento. Forse perché legato al potente simbolismo della sacralità delle teste, il torque ricevette le più grandi cure dagli artigiani celtici, ben più di braccialetti, spille o fibbie. Aperti o chiusi, con estremità ingrossate, a globi o decorate a testa d’animale; col corpo liscio, attorcigliato o intarsiato, nella realizzazione dei Torques per Principi e guerrieri fu profusa tutta l’abilità e la fantasia di quegli artisti.
Ciò che spesso si trascura di sottolineare è l’innegabile apporto all’Arte Celtica dato dall’area italiana (Gallia Cisalpina) e prova ne sono vari importanti ritrovamenti che hanno dato il loro nome a interi Stili della storia culturale dei Celti. Alcuni Autori avanzano l’ipotesi che il motivo stesso dei fregi a intreccio a bande sia stato creato negli atelier di artigiani celtici stanziati in centro Italia e poi da lì rapidamente diffuso in tutta Europa. D’altronde non si deve dimenticare che il primo millennio fu un periodo di rapidi e frequenti spostamenti di mercanti, tribù e persino di interi popoli. Dopo gli stanziamenti di genti celtiche in buona parte della penisola italica sul limitare del primo millennio, le infiltrazioni come le migrazioni continuarono ininterrottamente, in modo più o meno limitato, sino alle nuove grandi ondate migratorie del V secolo a.C. quando sul substrato celtico precedente vennero a stratificarsi le grandi nazioni dei Boi, degli Ambroni, dei Senoni, provenienti dalle Gallie Transalpine ove avevano lasciato dei parenti (le loro tuatha originarie) e con cui intrattennero per lungo tempo fitti contatti con scambi sia culturali sia commerciali. È quindi più che probabile che anche le nuove mode e i nuovi stili artistici circolassero ampiamente insieme alle merci e agli artigiani itineranti per l’universo celtico che nel periodo a cavallo tra il IV e il III secolo a.C. si estendeva ormai dal Mediterraneo al Baltico, dall’Atlantico ai Balcani.
Si è detto dell’Arte Celtica che essa sia stata caratterizzata dalla contaminazione delle forme viventi ad opera del simbolo inorganico; certo è che di essa non si può dire che sia arte naturalistica. Trattando figurazioni zoomorfe o vegetali, l’artista celta compie una deformazione sistematica, quasi si sforzasse di evitare coscientemente la rappresentazione realistica della natura.
(per approfondimenti vd.: “I Fregi Ornamentali dell’Arte Celtica”: vol. 1 Gli Intecci & vol. 2 Gli Zoomorfi; “L’Epopea dei Celti” ; “I Celti”; “I Primi Abitanti Alpini” “Keltia Calendar” 1996 – 1997 – 1998 -1999 – 2000)